25 Aprile 2024 - Aggiornato alle 21:25
CULTURA&SPETTACOLO

Napoli: Alemi presenta il libro sulla trattativa Stato-Br-Camorra per liberare Ciro Cirillo

23 Giugno 2018 14:44 — Martedì 26 giugno ore 17 - Istituto Italiano per gli Studi Filosofici - Palazzo Serra di Cassano.

Sarà presentato a Napoli martedi prossimo all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Palazzo Serra di Cassano ore 17 il libro di Carlo Alemi "Il Caso Cirillo - La trattativa Stato-Br-Camorra Fermate quel Giudice" con la prefazione di Franco Roberti. Carlo Alemi, Magistrato di lungo corso,  ha chiuso la sua carriera come presidente del Tribunale di Napoli. E' nato ad Addis Abeba, in Etiopia, nel 1941 ed è noto in particolare per le indagini sulle Brigate Rosse, sulla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e sul sequestro Cirillo, nonché per quelle legate all’incendio della raffineria dell’Agip e alla dichiarazione di insolvenza della Banca di credito campano del noto faccendiere Gianpasquale Grappone. Nel suo libro, racconta le ambigue trattative che si svolsero tra il potere e la mafia allo scopo di salvare Ciro Cirillo, all'epoca assessore regionale ai Lavori Pubblici della Regione Campania.  È la sera del 27 aprile del 1981 quando Cirillo, viene sequestrato nel garage di casa, a Torre del Greco, da un commando di cinque uomini appartenenti alle Brigate Rosse, capeggiati da Giovanni Senzani. Nel conflitto a fuoco che segue perdono la vita l’agente di scorta di Cirillo, il brigadiere Luigi Carbone, l’autista Mario Cancello, e viene gambizzato Ciro Fiorillo, segretario dell’assessore. Ex presidente della Regione, democristiano “doroteo” molto vicino ad Antonio Gava, Cirillo è uno degli uomini politici più addentro ai meccanismi del potere; da qualche mese, inoltre, è diventato presidente della Commissione incaricata di gestire gli appalti del post-terremoto del 1980. Lo Stato annuncia la linea dura: come già per Aldo Moro tre anni prima, non tratterà con le BR. Cirillo verrà rilasciato dopo 89 giorni di prigionia, all’alba del 24 luglio, in un palazzo abbandonato di via Stadera, a Poggioreale. La liberazione era stata annunciata il giorno prima da un comunicato, in cui i rapitori dichiaravano che a sobbarcarsi l’onere del riscatto - un miliardo e 450 milioni di lire - era stata la Democrazia Cristiana, suscitando un enorme scandalo, nonché l’immediata smentita da parte dei familiari, che si assunsero la totale responsabilità di quel pagamento. La stessa liberazione fu costellata da episodi controversi, come quello per cui Cirillo, invece di essere tradotto in Questura, come da disposizioni della magistratura, venne portato a casa, dove vano sarà il tentativo di interrogatorio da parte dell’allora pubblico ministero di Napoli Libero Mancuso, causa stato di semincoscienza ascrivibile a choc - salvo poi colloquio personale, a porte chiuse, con Antonio Gava e Flaminio Piccoli, esponenti di spicco del partito. Fin da subito emersero dubbi anche in merito alla cifra pagata per il riscatto: si vociferava, infatti, che l’ammontare fosse stato pattuito grazie all’intercessione della camorra, cui sostanzialmente si doveva il merito del rilascio, e che la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo - il più sanguinario capo camorra dell’epoca - ne avesse incassato almeno una metà: la somma sarebbe stata messa insieme da un gruppo di imprenditori edili, “amici” della DC - legati a doppio filo a Cirillo per questioni di appalti - e i “colloqui”, tanto con funzionari dei Servizi Segreti che con esponenti politici, si sarebbero svolti direttamente nell’“allegro” carcere di Ascoli Piceno, in cui era detenuto ‘o Professore, per il tramite di faccendieri senza scrupoli. Inizia così quella che il presidente emerito Giorgio Napolitano ha definito «una delle pagine più nere dell’esercizio del potere nell’Italia democratica»: il sequestro è destinato infatti a divenire uno dei più clamorosi casi politici e giudiziari degli anni bui della Repubblica Italiana. A indagare sul caso Cirillo è il magistrato Carlo Alemi che, in qualità di giudice istruttore, diventa protagonista di alcune delle vicende più oscure e sanguinose degli anni di piombo, conoscendo e interrogando i personaggi più ambigui implicati nelle intricate trame della politica, della malavita organizzata, del terrorismo rosso e dei Servizi Segreti, fino a divenire, suo malgrado, inconsapevole agnello sacrificale. Gli elementi che si intrecciano nella sua ricostruzione sono tanti: fatti di cronaca nera, crimini mafiosi, ipotesi investigative, tentativi di depistaggi da parte di organi dello Stato, sparizione di documenti, misteri irrisolti, testimonianze scottanti, raggiri politici, Servizi deviati. È Alemi l’autore della straordinaria istruttoria condotta sul caso, affidatagli il 1° settembre del 1981 e conclusasi il 28 luglio del 1988, con il deposito della sentenza-ordinanza di 1.534 pagine destinata a fare Storia, un J’Accuse che scatenerà una vera e propria tempesta politica in Parlamento: c’è stata mediazione politica da parte di esponenti della DC, così come ci sono stati contatti e intercessioni con i brigatisti per il tramite di Servizi Segreti e Nuova Camorra Organizzata. Vengono chieste le dimissioni di Gava, divenuto intanto, con il nuovo governo De Mita, ministro degli Interni; il Presidente del Consiglio lo difende, respingendo al mittente le accuse, attaccando violentemente Alemi per le sue «opinioni indebitamente espresse e illazioni» e asserendo che il giudice ha abusato delle procedure, «ponendosi così fuori dal circuito costituzionale». L’esito dell’istruttoria, che Carlo Alemi portò avanti, con coraggio e ostinazione, mettendo a rischio la sua stessa vita, tra minacce di morte - il suo nome figurava nell’agenda della “Primula Rossa” Barbara Balzerani - scorte negate, procedimenti per diffamazione e commissioni d’inchiesta - portò alla comminazione di 30 ergastoli. La sua ordinanza è diventata nel tempo oggetto di studio tanto nelle forze dell’ordine che nelle università italiane e negli atenei stranieri, in quanto documentazione preziosissima atta a testimoniare e ricostruire la storia dell’organizzazione terroristica nota con il nome di Brigate Rosse. Oggi, magistrato in pensione, per la prima volta e in esclusiva, il narratore d’eccezione della trattativa Stato-BR-camorra per la liberazione di Ciro Cirillo parla e racconta, svelando, in pagine dure e toccanti a un tempo, tra ricordi intimi e analisi storiche lucide e rigorose, chi effettivamente vi prese parte, per conto di chi e per quali motivi si siano mossi i Servizi Segreti e perché lo Stato, diversamente da quanto fece con Aldo Moro, trattò con i brigatisti.

23 Giugno 2018 14:44 - Ultimo aggiornamento: 23 Giugno 2018 14:44
Altri contenuti
Commenti (0)


Per commentare questa notizia accedi all'applicazione o registrati se non hai ancora un account
Questo sito utilizza cookie tecnici per offrirti una migliore esperienza di navigazione sul sito.
Navigando su questo sito accetti l'utilizzo dei cookie.

Chiudi